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Channel: Il Giornale - Luca Fazzo
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Il comunista che affrontò il terrorismo dei rossi

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Un'icona che faceva finta di non esserlo. L'avvocato Gianfranco Maris, morto ieri a 94 anni, ha incarnato molte cose: la resistenza al Fascismo, la tragedia dei lager, un modo libero di fare l'avvocato penalista, l'asse di ferro tra Pci e istituzioni negli anni del terrorismo rosso. Tutto senza mai il sussiego che spesso ne accompagnava i protagonisti. E quando i giovani cronisti intimiditi gli chiedevano delle torture naziste, ne parlava senza farsi pregare, ma senza enfasi. Della circostanza che in parlamento e nel Csm svolse di fatto il ruolo di ufficiale di collegamento tra Partito comunista e magistratura, si può ovviamente avere una lettura critica: ma sarebbe sbagliato dimenticare che quell'asse ebbe sì conseguenze nefaste, ma nacque da un'emergenza drammatica, l'offensiva terrorista che in tanta buona società liberal trovavano indulgenza e consonanza e che (ma questa storia non è stata ancora ben scritta) anche ambienti del Pci vivevano come una rivalsa per la «resistenza tradita». Maris fu invece di quelli che senza incertezze scelse di combattere quella battaglia con i giudici. Con tutti i mezzi che il diritto democratico consentiva. E anche con qualcuno in più. Ma senza la fermezza di uomini in toga come lui e Gerardo D'Ambrosio, la voce dei tanti magistrati che flirtavano con l'eversione sarebbe stata più forte.

Era solido come una quercia. E non ci pensò due volte quando dovette affrontare lo scoglio più impopolare della carriera, la difesa di Leonardo Marino, l'ex operaio di Lotta Continua autista del commando che ammazzò il commissario Luigi Calabresi e pentendosi fece arrestare Adriano Sofri, mandante dell'omicidio, il capo del servizio d'ordine Giorgio Pietrostefani e l'esecutore Ovidio Bompressi. Ora che Maris è morto, si dirà che assunse quella difesa come avvocato d'ufficio: ma fu una difesa piena e convinta, perché i vertici della Procura sapevano che solo Maris poteva essere il garante della limpidezza di quella inchiesta. Si rese indigesto alla Milano radical chic. Ma lui non era radical. E tantomeno chic. Per omaggiarne davvero la memoria, si chieda alla Francia di consegnare finalmente Giorgio Pietrostefani, che del progetto di ammazzare Calabresi fu lo sponsor più acceso. E vive indisturbato oltr'Alpe.


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