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Channel: Il Giornale - Luca Fazzo
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Viaggio nell'ateneo occupato col permesso di toghe e Pd

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I l sindaco? «È via». E cosa dice dei fatti all'università? «Ci deve essere qui un comunicato dell'altro giorno... No, forse abbiamo messo qualcosa su Facebook, un attimo che lo troviamo... No, niente. Però ha fatto due tweet». Magari dirà qualcosa stasera «No, stasera fa un tweet: ma sulla Cirinná». Sono le 17 di ieri e al secondo piano di palazzo d'Accursio, municipio di Bologna, lo staff di Virginio Merola si affanna a cercare traccia dell'indignazione del sindaco per gli inverosimili episodi accaduti a poche centinaia di metri, alla facoltà di Scienze politiche, dove per due volte in pochi giorni le lezioni del professor Angelo Panebianco sono state interrotte con la forza dagli studenti dell'ultrasinistra, che accusano il politologo di essere una «macchietta», un «ingranaggio», un servo dei signori della guerra. Una brutta storia che ha fatto ripensare a quanto accadeva negli anni di piombo, quando negli atenei di tutta Italia gli autonomi davano la caccia ai docenti «reazionari»: e ne nacque un inferno raccontato nel terribile libro di Guido Petter.Ieri, mentre il sindaco Merola si prepara chissà da dove a twittare sulla Cirinná, in Strada Maggiore, davanti alla facoltà di Scienze politiche, gli studenti responsabili di una delle due aggressioni bloccano il traffico e accendono fumogeni rivendicando l'impresa. Questi sono quelli della seconda aggressione, e detestano essere confusi con gli autori della prima: già, perché la storia degli agguati a Panebianco è anche la storia un po' surreale della faida interna ai gruppetti dell'ultrasinistra bolognese, quelli del collettivo Cua che fanno la gara a chi è più duro con quelli del collettivo Hobo: e a volte finisce a botte. Quattro gatti da una parte, quattro gatti dall'altra, ma in grado di farla da padroni. Grazie anche a un clima di indulgenza, di tolleranza, che circonda da sempre le loro gesta, e che è ben riassunto da quell'aggettivo, «ragazzotti», usato nei loro confronti dal sindaco piddino Merola: clima di indulgenza di cui, a dire le cose come stanno, non è estranea la magistratura bolognese, che alle impresacce dei collettivi autonomi ha sempre riservato un trattamento assai rilassato. Così si scopre che a guidare la settimana scorsa una delle aggressioni a Panebianco è stato un «ragazzotto» di nome Luca Bertocci che nel 2012 compì una impresa ancora peggiore, aggredendo il rettore Dionigi e mettendolo alla gogna con un cartello al collo: il processo a Bertocci e ai suoi compagni, dopo tre anni e mezzo, non è ancora cominciato. Mentre il processo per la prima aggressione a Panebianco, datata 2014, è stato fissato nientemeno che per il 28 febbraio 2018. Mano di velluto in guanto di lumaca, insomma. Le poche volte che i giudici fanno la voce grossa, d'altronde, la Bologna liberal si solleva: come quando venne disposto l'obbligo di firma a carico di Loris Narda, uno dei leader di Hobo, divenuto una sorta di eroe per avere assaltato l'auto del leghista Matteo Salvini nel novembre 2014 fuori da un campo rom: misura assai blanda ma che, per gli intellettuali progressisti bolognesi, impediva al Narda di frequentare le lezioni con la giusta assiduità. Questa tolleranza di fondo non viene meno neanche in questi giorni, davanti ai blitz a ripetizione contro Panebianco. Dice Giorgio Guazzaloca, che della città è stato l'unico sindaco non comunista o postcomunista: «Bologna in qualche modo sta metabolizzando tutto, non mi sembra che stia reagendo alla gravità di questi fatti. C'è qualche comunicato, qualche dichiarazione: ma poca roba, e tutta all'acqua di rosa». Però storicamente, sin dai tempi del sindaco Zangheri, i rapporti del Pci bolognese con i gruppetti alla sua sinistra sono conflittuali. «In apparenza è vero - risponde Guazzaloca - ma non so se poi nei fatti sia proprio così. In fondo sono sempre i cosiddetti compagni che sbagliano...».Avvolti nei fumogeni, davanti alla facoltà di Strada Maggiore, i ragazzotti di Hobo. Nell'atrio c'è la porta, sbarrata da una lastra d'acciaio, di quella che fu per vent'anni l'aula C, occupata dagli anarchici e mai sgomberata nonostante al suo interno accadesse praticamente di tutto: e quando la Procura provò a chiederne lo sgombero, un giudice rifiutò l'ordinanza. Adesso l'aula C è chiusa, e al suo posto da ieri mattina Hobo si è impossessato di un'altra aula. Dal megafono intanto rivendicano l'agguato al «lacchè» Panebianco, «noto apologeta dei crimini di guerra e dei massacri bellici». Chiacchiere a parte, hanno un'aria vagamente inoffensiva, specie per il numero: una ventina scarsa, e ci vuole tutta la pazienza dei bolognesi perché i passeggeri dell'autobus 59bis scendano di buon grado dal mezzo, bloccato dagli sparuti antagonisti. Ma nei rapporti della Digos i loro legami con la rete italiana e internazionale dei centri sociali più violenti emergono ripetutamente. E d'altra parte furono loro a innescare la miccia degli scontri di piazza in occasione della visita bolognese di Berlusconi, a novembre del 2015.Cercare di frugare nelle loro teste è fatica inutile. Se gli si chiede come pensano di gestire i rapporti con l'Isis, il ragazzo col pizzetto si aggroviglia in un ragionamento sulle colpe dell'Occidente, la Nato, Erdogan. Teorie per alcuni aspetti corrette, e comunque legittime: se non ci fosse, in nome di queste teorie, l'immagine orrenda di Panebianco, il «barone della guerra», solo in mezzo ai suoi inquisitori. Eppure a Bologna si indignano in pochi.

Atti squadristi, proteste e prepotenze. Così a Bologna una minoranza rumorosa detta legge nell'università. Con la compiacenza della giunta e di chi non li processa


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