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Channel: Il Giornale - Luca Fazzo
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Ventiquattro operai morti per l'amianto Manager condannati

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«Non ci hanno mai fornito mascherine e quando abbiamo provato a chiedere un miglioramento delle condizioni di sicurezza ci hanno risposto “Taci e lavora”». C'è anche questa testimonianza, ricordata dal pm Maurizio Ascione nella sua requisitoria, nel mosaico di prove che ieri porta il tribunale di Milano a condannare pesantemente gli ex dirigenti di una delle fabbriche simbolo della Milano operaia, la Pirelli. Anche le tute bianche di viale Sarca e via Ripamonti, come gli operai di tutte le grandi fabbriche, vennero decimate dallo stesso tumore, il mesotelioma pleurico, conseguenza diretta dell'esposizione alle polveri di amianto. Tutti i processi avviati in questi anni sul fronte dell'amianto hanno ruotato sugli stessi temi: le aziende erano a conoscenza dei rischi? E, soprattutto, i manager inquisiti erano nelle condizioni di dovere e potere intervenire? In numerosi casi, i processi sono finiti con l'assoluzione degli imputati: è stato così per la Franco Tosi, l'Enel, la Breda, l'Atm.

Ieri, invece, il tribunale presieduto da Raffele Martorelli ritiene raggiunta la prova della diretta responsabilità di tutti gli ex dirigenti di Pirelli finiti sotto accusa, anche di quelli per cui il pm Ascione nella sua requisitoria aveva chiesto l'assoluzione. Vengono condannati per concorso in omicidio colposo plurimo undici manager: la condanna più severa, 7 anni e 8 mesi di carcere, tocca a Luciano Isola, consigliere d'amministrazione dal 1980 al 1986. Tra i condannati anche due ex amministratori delegati, Giorgio Sierra e Lodovico Grandi, e Guido Veronesi, fratello dell'oncologo Umberto e anche lui in passato componente del board dell'azienda. Pirelli ha annunciato immediatamente che presenterà ricorso.

Sono ventiquattro, complessivamente, i casi di operai della Pirelli stroncati dal mesotelioma e per i quali, secondo la sentenza di ieri, le omissioni dei vertici aziendali hanno avuto un ruolo decisivo nel causare il decesso. Secondo l'indagine gli imputati avrebbero omesso di installare sistemi di aspirazione e raccoglimento delle polveri benché l'amianto fosse «presente in varie forme nel talco, negli scambiatori di calore, nelle postazioni di lavoro, nei locali di servizio, oltre a essere «utilizzato come isolante termico e coibente per le tubazioni, nonché per la produzione di pneumatico».

«Che vi fosse consapevolezza sulla questione amianto - ha detto il pm nella sua requisitoria - lo abbiamo potuto apprendere grandemente da una serie enorme di dati su come venivano gestiti quegli stabilimenti». Eppure nelle riunioni del Cda dedicate alla sicurezza, secondo Ascione, «si parlava solo di provvedimenti contro gli infortuni sul lavoro, come se quello delle malattie professionali fosse un tema di serie B». Il tribunale ha disposto il risarcimento di centomila euro a ciascuno dei due eredi di uno degli operai morti: tutti gli altri familiari delle vittime si erano ritirati dal processo dopo avere concordato gli indennizzi con Pirelli.

Verdetto senza precedenti in tribunale Per i giudici i dirigenti trascurarono i rischi di malattie sul posto di lavoro


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